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Kafka sulla spiaggia

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Buongiorno miei affezionatissimi,

oggi vi parlerò di Kafka sulla spiaggia, Haruki Murakami, Einaudi

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[quella mostrata è esattamente l’edizione in cui l’ho letto]

Per come la vedo io, i libri sono un po’ come le persone, per citare ancora una volta Pirandello sono: uno nessuno e centomila insomma, possono essere percepiti/declinati/compresi in maniera diversa a seconda del lettore che si trovano davanti. Kafka sulla spiaggia in questi giorni si è confrontato con una lettrice che dovreste cominciare a conoscere, me.

Non credo di essere l’appendice nasale più rassicurante da avere di fronte quando si sia fatti di carta e inchiostro, ma questo volume può trarre un sospiro di sollievo, non lo costringerò a guardarsi allo specchio nè a porsi domande troppo complicate, mi limiterò a scrivervi qualche riga che parli di Lui e poi lo riporterò sullo scaffale della biblioteca a cui appartiene. Facile, rapido e indolore.

“Questa introduzione a cosa è servita?” -Direte voi- Beh miei affezionatissimi, a questo punto dovrebbe esservi piuttosto chiaro che i preamboli non sono il mio forte, ma forse vi sarà anche chiaro che questo libro mi sia piaciuto molto e che nelle prossime righe potrete avere un’idea del perchè.
N.B.: non si tratterà di uno dei miei post più chiari e/o esaustivi. Credo che questo libro in particolare possa essere recepito in maniera sensibilmente diversa da ciascun lettore perciò scriverò solo quel che ipotizzo possa essere recepito da un archetipico “chiunque” senza la pretesa che questo esperimento possa effettivamente avere successo.

Buona lettura!

Non sarei sincera se dicessi che sono arrivata autonomamente a questo volume, anzi, devo complimentarmi con la persona che mi ha indicato di partire proprio da questo,è stato un ottimo trampolino di lancio -grazie internet-.
A questo punto la prima e l’ultima cosa utile che posso scrivere è: se pensate di avere dei gusti letterari simili ai miei, e volete approcciarvi a questo autore, considerate seriamente di partire dalla lettura di questo volume. Funziona.

Ma di cosa parla questo libro?” Questo non sarò certo io a dirvelo; a differenza della letteratura orientale che ho letto negli ultimi anni, qui non sarebbe difficile riassumere la trama nè accennare ai personaggi o ai luoghi presenti tra questi capitoli, è solo che non credo sarebbe particolarmente utile. Se proprio dovessi esprimermi al riguardo, credo che potrei risalire alla ricetta di questa pozione magica partendo dall’assaggio del prodotto finito, se poi questo sarà utile o meno sarete voi a deciderlo. Io l’ho trovato un esperimento buffo, quantomeno.

Versare nel calderone l’identità del giovane Kafka. Aggiungere i comprimari. Lasciare sul fuoco per tutto il tempo indicato dal signor Nakata. Pronunciare la formula magica che troverete sparsa tra i volumi della biblioteca Kōmura.* Mescolare. Per ottenere una consistenza ottimale si consiglia un accompagnamento di Beethoven. In caso di dubbi rivolgersi ai gatti del quartiere. Buona fortuna.
* –Bramosia e malia, musica e poesia; basta un rintocco e tutto sfuma via.-

Questo è il tipo di atmosfera che tento di poter accennare al lettore che non abbia nessun’idea di cosa potrà trovare in questo libro, so che avrei fatto meglio a parlare di storia di crescita personale, passione per la letteratura, ricerca dell’identità, tema del viaggio e chissà quali altre sequenze di parole e/o citazioni varie, ma credetemi quando scrivo che non credo che sarebbero più utili della ricetta di un’ipotetica pozione magica scritta da me.

La prosa di Murakami risulta scorrevole e priva di manierismi, lo scorrere della trama non è impetuoso, ma non arresta il suo corso fino a che non si arriva all’ultima pagina. Il finale ha alcune delle caratteristiche che potreste aver già notato in altri romanzi dal Sol Levante, ma non è uno di quei finali che istigano alla violenza l’occidentale medio. Non temete.

Vi lascio con il mio periodo preferito di tutto il libro, una citazione piuttosto semplice in realtà, ma che rende bene il concetto che l’accompagna.

Ognuno ha bisogno di una specie di posto dove poter tornare p. 348

In sintesi:★★★★☆

Che tradotto potrebbe essere un: Ha toccato tutte le corde giuste, ma mancano i fuochi d’artificio.

Dalle due righe che ho scritto al riguardo su Goodreads:

qui voglio solo aggiungere un paio di versi da La rana e lo scorpione, dall’album Grazie Mille degli 883, canzone che mi è tornato in mente proprio mentre chiudevo questo volume:
[…]“Non so se hai avuto anche tu l’impressione che il tempo acceleri / a sedici anni un anno dura una vita poi a trenta sei già lì / tu con i tuoi pensieri / le angosce orrende ed i desideri / io con le mie canzoni / vicini oppure così lontani[…]
Non credo possa chiarire nulla in particolare, ma mi ha ricordato molto le vicende del giovane Kafka.

Per i curiosi, la pronuncia corretta del nome-cognome dell’autore: x

Detto questo vi saluto miei affezionatissimi, non posso promettervi che farò meglio nel prossimo post, ma sicuramente potrò provare ad essere meno vaga.

Alla prossima,
A./L.

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