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La voce del geco, un libro di Aldo Boraschi

Letto in: Aldo Boraschi, “la Voce del geco”, AltreVoci edizioni, Parma, 2020.

con prefazione di Valeria Corciolani

[ Pubblicato per la prima volta in Italia nel 2018, 186 pp ].

in estrema sintesi: ★★★★

Altrevoci edizioni, che ripubblica il titolo rinnovandolo nella sua veste e nel suo contenuto, porta un nome che mi suggerisce di raccontare questa storia scrivendo attraverso gli eco che mi ha riportato alla memoria. Il tentativo è avvicinare quei lettori che potrebbero credere che questo romanzo breve non sia adatti a loro attraverso suggestioni in grado di ricondurci altrove.

il fatto è che pulire il culo a una donna ottantaquattrenne è uno sguardo al futuro per tutti. Ecco sembra dire quella scena, se ti va bene, questo è quello che ti aspetta.

Una bella palata di umiltà, che è anche il passaggio che ho preferito del libro, trovo sia da monito sull’intera vicenda e come tale la propongo. Tanto per chiarire che il protagonista potrà anche sembrare Houdinì, ma più che una vita carica di lustrini, ci mostrerà il suo dietro le quinte. Un respiro profondo, prima di andare in scena.

Un ragazzo che rifiuta una vita di ordinario dolore per vivere un oggi straordinario, in compagnia delle stelle. Calvino accompagnò un giovane nello stesso viaggio verso l’alto, un certo Barone rampante. Giusto, protagonista di questa vicenda, saluta il suo lutto come un vecchio nemico e si rifugia non tra le chiome degli alberi, ma tra i tetti di Lavagna.

Su quei tetti, incontrerà personaggi che hanno il viso sporco del loro passato. Tra la pelle grinzosa di chi è stato troppo al sole in gioventù, chi ha ancora le gote arrossate dall’ impastare e chi gli occhiali da lettura di chi ha sforzato la vista; non stupirà che un vagabondo – con una buona dose di dritte e sguardi comprensivi – possa invece diventare un artigiano. Quello che apprende è un mestiere particolare che vale la pena di scoprire tra le pagine, ma ha qualcosa in comune con gli spazzacamini di Mary Poppins. Un giovane adulto depositario di un segreto antico: oltre la fuliggine, si nasconde un mondo incantato.

Ripercorrendo la Voce del geco, mi sono stupita di leggere nero su bianco il numero delle pagine da cui è composto. È uno di quei casi in cui un concerto solo, sembra valere tutta la tournée. Soprattutto se penso che tenta di dare delle risposte a temi esistenziali e identitari non da poco. Banalizzando potrei aggiungere che offre una risposta anche alla domanda “il Coccodrillo – ehm, il geco – come fa?”. Procedere in questo viaggio è anche avere un certo sguardo per i dettagli che include il farsi domande sulle creature che popolano i terrazzi tipici della Liguria di Levante.

Chi scrive, ha abitato proprio nel paese in cui si rifugia Giusto. Non è necessario sottoscrivere la conformazione del circondario, ma forse può essere utile confermare che leggere questo libriccino è anche respirare un po’ dell’aria salmastra della Riviera nascosta ai turisti. Quando i foresti – in sintesi, chiunque non sia ligure – vanno via, e il frinire delle cicale si attenua, questo è quello che solo chi si allontana dalla spiaggia riesce a respirare.

Questo periodo non sarà l’ideale per la lettura in generale, ma se è mai esistito un momento per leggere una storia come questa… quello è proprio oggi. Non vedo epoca migliore per leggere di un uomo che dalla sua Notre Dame di ardesia non solo osserva i passanti, ma torna a innamorarsi del resto del mondo.

Il geco che si era stabilito in ingresso è andato via proprio alla fine di questo post e che si tratti di suggestione o meno, è così che vi saluto. Questa è la storia di un Peter Pan che non imparerà mai a camminare, pur sapendo volare. Non posso che augurarmi che anche voi vorrete aggiungerlo ai Bimbi sperduti della vostra Isola che non c’è. Il solo modo per farlo, inutile dirlo, è leggerne la sua avventura.

Grazie all’ufficio stampa di Altrevoci edizioni per la copia cartacea che mi ha dato una ragione per tornare a scrivere di un libro. Le foto sono un po’ sfocate per via della giornata uggiosa, ma le ho trovate calzanti e infine… non sostituite. 

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