A chi avesse bisogno di fare un passo avanti. Perché gli adii del singolo, sono gli addii di tutti, e di nessuno.
Una delle persone che preferisco a questo mondo si sta spegnendo, letteralmente, mentre ne scrivo.
La struttura dove sta non è lontana e mi verrebbe voglia di appostarmi qui fuori, a guardare il cielo ogni notte, fino alla fine; nel tentativo di intercettarne il passaggio e poterla salutare.
Vorrei chiederle: “mi racconti di quella volta che…?” E ascoltare, ascoltarla soltanto.
Non credo stia soffrendo, ma comunque non riesco ad andarla a trovare. Forse me ne pentirò, ma il dubbio atroce è che la sua mente non sia più lì, e che non vorrebbe che fossi lì a vederlo.
Mi manca quello sguardo capace di arrivare oltre la mascherina. Ora ne colgo ancora il bagliore, ma poi lo perdo, verso orizzonti troppo lontani da raggiungere.
Dopotutto ha vissuto 95 anni, chi sono io per comprendere dove voglia stare? Chi sono io per offrirle qualcosa di diverso dalla possibilità di riunirsi con il suo amato Renato?
Brutta faccenda quando è la testa, prima delle gambe, a decidere di smettere di correre. Poi di camminare. Poi di salutare. È in quei momenti che in cuor tuo smetti di comprare le candeline e passi a tenere a mente le date e ad aver paura di controllare le notifiche, quando ti svegli.
A distanza di un mese circa da quando ho cominciato a scrivere questo appunto, posso smettere di contare.
Credo sia venuto il momento di lasciarla andare, credo avrebbe voluto privacy e una messa in piega impeccabile, anche per viaggiare in compagnia di soli fiori, bianchi.
Non so se ci rivedremo, nè se in me esiste la forza di arrivare a un’ età simile, in cui provare a capire un po’ di più. Però ricorderò a lungo il giorno che ho preso l’ennesimo treno, e a uno squillo del telefono ho scoperto che non c’era più. In un istante quella carrozza mi è sembrata tanto diversa dalle migliaia che l’avevano preceduta e, per un folle momento, ho voluto bene anche a quell’ammasso di ferraglia il cui ritardo, a quel punto, non mi turbava più.
Ciao Ozia.
Scritto a cavallo tra luglio e agosto 2024. Ho deciso di pubblicarlo perché raccontandomi ai miei amici, mi rendo conto che i lutti del singolo sono inspiegabili e diversi da tutti gli altri, ma al tempo stesso somigliano così tanto ai lutti di tutti, da meritare di tentare un messaggio in bottiglia per chi fosse in cerca di parole simili, in questo stesso periodo.